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Alice nella città, il ritorno ai tempi del liceo al Festival di Roma

Creato il 13 novembre 2013 da Oggialcinemanet @oggialcinema

NON SOLO RED CARPET. ALICE E IL RITORNO AI TEMPI DEL LICEO Avete presente quei film in cui il protagonista, per un suo desiderio, per un incantesimo o per chissà quale altra diavoleria, viene catapultato indietro nel tempo e torna al momento in cui era al liceo? Bene, al vostro inviato qualche giorno fa è capitato qualcosa di molto simile. Niente paura, nessuno ha ascoltato qualche suo desiderio recondito, né è stato bersaglio di qualche oscura macchinazione. Ha semplicemente assistito a un film della sezione “Alice nella città” al Festival di Roma con il pubblico. Cioè degli scatenati liceali tra i quindici e i diciotto anni. Il film in questione è Se chiudo gli occhi non sono più qui, interessante romanzo di formazione di Vittorio Moroni che parla proprio di un ragazzo, nato in Italia da madre filippina, che frequenta le scuole superiori. Lo stesso Moroni, davanti a una platea enorme, viva, passionale, si è detto visibilmente emozionato. “Ho lavorato a questo film quattro anni” ha detto ai ragazzi. “È come se vi affidassi il mio bambino di quattro anni. Prendetevene cura”. È una bella sfida presentare un film in prima mondiale davanti a questo pubblico. È come per una band fare un concerto davanti a spettatori che non la conoscono. Si è senza rete. I ragazzi hanno bisogno di essere catturati, altrimenti si distraggono e fanno altro. Guardare un film come Se chiudo gli occhi non sono più qui con un pubblico simile è molto interessante. Si riesce a capire cos’è che coglie l’attenzione di un sedicenne, o di un diciottenne, cosa gli interessa, cosa lo imbarazza. Kiko, il protagonista del film, in parte fa la loro stessa vita, va a scuola, studia, viene interrogato, valutato. A volte è infastidito dai bulli. In parte fa una vita molto diversa, perché è costretto a lavorare dal compagno della madre. I ragazzi si focalizzano sulla scuola. E alla frase “per i professori siete solo gusci vuoti in cui inserire informazioni” scatta l’applauso. E parte un boato anche al primo “6” che Kiko raggiunge dopo molti sforzi. Qualche sorriso di imbarazzo invece arriva quando un personaggio confessa la propria omosessualità. Un terreno ancora delicato, soprattutto a quell’età. A fine proiezione, liberatorio, parte l’applauso più grande. La prova più difficile è stata superata. Se chiudo gli occhi non sono più qui - Foto Cast 2 Tutto questo accade ogni giorno ad “Alice nella città”, sezione autonoma e parallela del Festival di Roma. Molti di noi conoscono Alice dalla prima edizione del festival, ma in realtà è nata prima.“Lavoravamo all’Estate Romana con rassegne estive di cinema e non ci piaceva quello che vedevamo” ci ha raccontato Fabia Bettini, curatrice di “Alice nella città”. “Allora abbiamo preso lo zainetto e siamo andati a Berlino, dove ci hanno spiegato come mettere su un Festival, con il loro approccio, completamente diverso da quello italiano. Abbiamo iniziato nel 2003 nell’ambito di Berlino a Roma, e abbiamo fatto tre edizioni con il Comune. Quando è iniziato il Festival ci hanno chiesto di entrare come sezione ufficiale. Ci siamo stati per cinque anni, poi non eravamo d’accordo con il passaggio politico che c’era stato e abbiamo deciso di fare un accordo tecnico: collaboriamo per le sale, chiediamo solo la struttura e non abbiamo alcun accordo economico”.Un po’ come accade per le Giornate degli Autori a Venezia. Negli ultimi due anni la sezione ha avuto un’esplosione a livello mediatico, con la creazione degli spazi di Casa Alice e la partnership con la Disney che ha portato grandi film come Ralph Spaccatutto e Planes. “Prima eravamo molto compressi nei matinee, perché il Festival è una macchina molto complessa” ci spiega Fabia Bettini. “Artisticamente, il fatto di essere usciti ci ha permesso di strutturarci e di avere una serie di slot pomeridiani, serali, un programma che per tutte le età fornisce programmi adeguati. Una cosa è avere i ragazzi del liceo solo la mattina, una cosa è poter dialogare con loro alle cinque o alle otto di sera. È un’Alice a tutto tondo”. Alice si dedica ai ragazzi dagli 8 ai 18 anni. Ai più piccoli è stata dedicata la festa con Planesdella Disney e i cartoni fuori concorso. Ai ragazzi delle medie sono stati dedicati altri film. Ma il concorso è dedicato agli “Young Adult”, i ragazzi dai quindici anni in su, tra cui viene scelta la giuria. “I giurati fanno domande a volte più interessanti di quelle della conferenze stampa” ci spiega la Bettini. “Li selezioniamo durante l’anno, sulla base di alcune recensioni che scrivono e su degli incontri”. Chi presenta un film ad Alice sa di andare incontro a un pubblico molto caldo. “È tutto molto vero” ci conferma la Bettini. “Non è come le proiezioni dei Festival dove il pubblico e tutto di invitati e l’applauso è scontato. Qui c’è una reazione vera, hai l’effetto che avresti sul pubblico. Quando hai davanti mille ragazzi capisci subito se il film funziona o meno. Se i ragazzi si zittiscono vuol dire che sono coinvolti. È rischioso, è un po’ un andare senza rete che a volte scalda anche il cuore, puoi sentire le reazioni, le emozioni. Alcuni registi ci hanno detto che solo in India c’è una partecipazione simile”. Alice non finisce con il festival. “Se un film esce alcuni mesi dopo ricreiamo l’evento, lo comunichiamo, lo portiamo nelle scuole” ci spiega la curatrice. “Il nostro sogno è avere una mediateca on line per le scuole”. Alice ha chiuso il primo week end del Festival con oltre 14mila biglietti venduti, duemila in più rispetto al primo week end dello scorso anno. E ha coinvolto 78 classi di scuole elementari, 61 classi di scuole medie e 253 classi di scuole superiori. Di Maurizio Ermisino per Oggialcinema.net Foto di Federica De Masi per Oggialcinema.net


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